Napoli: tagliati fondi all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Che valore ha oggi la cultura?
L’Italia è davvero uno strano Paese, uno dei pochi a remare contro il proprio passato, rinnegando lesue radici e non riconoscendo il valore preziosissimo della cultura. Trecentomila volumi, molti rari e originali, sono stati letteralmente sfrattati dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. Dalla storica sede del Palazzo di Serra di Cassano in Via Monte di Dio, i volumi dal valore inestimabile sono stati portati in un magazzino preso in affitto nella periferia di Casoria, dove rischiano di marcire, diventando difficili da consultare per tanti studiosi e ricercatori. Tra i cimeli custoditi nel cuore della biblioteca, vi sono numerosi scritti di Giordano Bruno, Benedetto Croce, Vico e persino la prima edizione italiana dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert. Un colpo durissimo inferto alla storia e alla cultura, un vero scempio! In tempi di crisi, governo tecnico e Professori, l’Italia è chiamata a fare sacrifici, a privarsi del superfluo e non solo. Oggi, a quanto pare, dobbiamo privarci anche della cultura. Il pensiero intellettuale napoletano e la memoria storica del Mezzogiorno andranno perduti per l’inerzia e l’incapacità organizzativa della nostra classe dirigente. Ciò che l’Unesco nel 1993, in un rapporto sullo stato della Filosofia in Europa, ha dichiarato patrimonio inestimabile e ricchissimo, senza pari al mondo, in questi giorni sta subendo una lenta e angosciante agonia, nel silenzio e nell’indifferenza generale. Il ruolo centrale e prestigioso che l’Istituto ha ricoperto negli anni ha reso Napoli una grande capitale culturale, capace di organizzare convegni e seminari degni di nota, stimolare dibattiti, finanziare pubblicazioni e premiare con borse di studi i lavori più meritevoli; eppure oggi questa stessa città non sembra più essere un luogo adatto alla cultura. Che cosa dobbiamo pensare? Forse Napoli non è più una città per biblioteche e giovani studiosi? La sensazione più diffusa e amara è che Napoli sia lo specchio di un’Italia che sta vivendo un lento degrado culturale, smarrendo la propria identità, la sua storia e il suo futuro.Pochi mesi fa la città fu protagonista di un altro scandalo, il furto di libri alla Biblioteca dei Girolamini: episodi diversi, certamente, che, però, sono sintomo di una scarsa attenzione al nostro patrimonio intellettuale. Mentre altri Paesi apprezzano il lavoro dei nostri intellettuali, premiandoli con prestigiosi riconoscimenti, Napoli sembra aver pauradel potere della cultura. È lo stesso avvocato e filosofo Marotta, cofondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a ricordare come il governo tedesco lo abbia insignito della medaglia d’oro “Goethe” o come l’Accademia russa delle Scienze gli abbia conferito la medaglia d’argento “Pietro il Grande”, mentre Napoli gli ha solo mostrato di aver “paura dell’Istituto”. L’avvocato Marotta da anni è costretto a fare i conti con delibere e decreti, promesse non mantenute e fantomatiche biblioteche che dovrebbero essere messe a disposizione dalla Regione chissà quando. Nel 2009 l’allora Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, quello della ”con la cultura non si mangia”, tagliò all’Istituto ben 4 milioni di euro, riducendo i fondi da 7 a 3 milioni di euro e prevedendo per il 2010 un’ulteriore riduzione del 70%, poi fissata al 50%, grazie all’intervento del Presidente Giorgio Napolitano, che rimandò a Bondi il primo testo che prevedeva tale riduzione. Marotta si è trovato così con soli 1,5 milioni di euro da amministrare tra affitti dei locali dell’Istituto e borse di studio da erogare. Il governo, però, di recente, per fronteggiare la crisi economica, ha tagliato completamente i fondi all’Istituto: così, dopo aver venduto alcune proprietà private e contratto numerosi debiti, oggi, l’avvocato, lasciato completamente solo dalle istituzioni, è stato costretto allo sfratto, non riuscendo più a sostenere l’affitto dei locali. Dinanzi a questa profonda ingiustizia, siamo chiamati tutti, napoletani e non, a far sentire la nostra voce attraverso una petizione pubblica e numerose manifestazioni. Dobbiamo riappropriarci della nostra storia e della nostra identità, perché solo nutrendo anche lo spirito, potremo crescere, rinnovandoci e migliorandoci.
Giuseppina Amalia Spampanato