Nella giungla del televoto
Il protagonismo oggi è d’obbligo, nella vita come in tv. E’ proprio per appagare questo desiderio che probabilmente è esploso il boom del televoto. Un metodo per far sentire ai milioni di spettatori che sono a casa davanti agli schermi che, con un semplice sms o una telefonata, possono fare la differenza, influendo sui cambiamenti e sulle scelte dei programmi, su chi deve continuare a farne parte e chi invece non lo merita. In principio era l’auditel, oggi è il proprio telefonino il canale privilegiato per interpretare i gusti del pubblico. Apparentemente un’idea innovativa, dietro la quale, ovviamente, è nato un business da diverse decine di milioni di euro.
Infatti, un sms che noi inviamo per votare un “Amico” o un “contadino” ci costa dai 50 euro/cent all’euro, anche se il costo reale del servizio è di circa un decimo del prezzo da noi pagato. Se si calcolano i circa 20-30 mila voti inviati mediamente per ogni puntata di un reality, escluse le finalissime in cui il numero decuplica, il risultato è semplice e,soprattutto, davvero “salato”. Così, se da una parte lo spettatore si illude di influire con il proprio sms l’esito di una sfida, dall’altra non sa che con quell’invio sta in realtà contribuendo attivamente soprattutto ad arricchire esclusivamente il gestore telefonico e la rete televisiva. Infatti, all’operatore va la metà degli incassi, mentre la restante parte è equamente divisa tra emittente, casa di produzione del programma e società che gestisce il televoto. In pratica, pare proprio che sia il televoto uno dei maggiori strumenti capaci di tenere a galla i programmi televisivi, garantendo, in base alla popolarità del palinsesto, maggiori o minori consensi e, quindi, guadagni. Ecco svelato, dunque, il motivo per cui in televisione impazza l’opinionismo, perché, probabilmente, in grado di accattivare il pubblico, invogliandolo a partecipare comodamente da casa e con il telefonino tra le mani alle sfide televisive. Tuttavia, questo metodo continua a destare numerosissime perplessità, soprattutto in ordine alla effettiva genuinità dei risultati di questo metro di valutazione. Memorabile resteranno quelle relative all’ultimo festival di Sanremo, all’esito del quale proprio il televoto ha incoronato vincitore, guarda un po’, il favorito dal televoto di un precedente e notissimo programma. Uno dei tanti, capace però di spillare dalle dita di milioni di ragazzine decine e decine di sms alla volta. Ecco quindi che molte vecchie volpi della tv, con un investimento di poche decine di migliaia di euro, potrebbero addirittura decidere di pilotare la scelta del vincitore di un programma, acquistando migliaia di sms, in modo da decretare successo e guadagni di un personaggio e creando quindi una nuova macchina da soldi. Il problema diventa perciò quello di inserire una specifica e puntuale regolamentazione della materia nel nostro Paese, finora ancora imbambolato davanti alla tv. La prima regola seria e logica dovrebbe consistere nel cercare di limitare, come in alcuni paesi d’Europa, la possibilità di validare non più di un determinato di sms provenienti dallo stesso numero telefonico. Già così, il televoto potrebbe assumere un ruolo più obiettivo nell’interpretazione delle scelte del pubblico e nella valutazione di ciò che viene proposto sugli schermi. Altrimenti, il tutto si risolverebbe in una vera e propria truffa, a danno di noi spettatori, convinti davvero di influenzare un programma in realtà già influenzato dalla nascita. Infatti, per gli addetti ai lavori, il televoto, almeno attualmente, rappresenta unicamente una fondamentale fonte di ricchezza per le televisioni e per coloro che investono nei programmi. Ecco perché, attraverso interventi normativi seri e di puntuali controlli nella gestione delle attività, magari sollecitati da organi rappresentativi dei diritti dei consumatori, si potrebbero davvero cambiare le carte in tavola.
a cura di Marco Bello