Nube di cenere copre l’Europa per sei giorni: dal caos aereo ai bilanci.
E’ durato quasi una settimana il caos che ha coinvolto gli aeroporti di tutta Europa, e non solo, provocato dalla nube di cenere formatasi dopo l’eruzione del vulcano islandese dal nome impronunciabile, ossia Eyjafjallajokull. L’eruzione ha avuto luogo il 15 aprile scorso e con essa si sono registrati quasi simultaneamente i primi disagi che, in un primo momento, hanno interessato solo i Paesi scandinavi limitrofi più la Gran Bretagna e la Francia. Inizialmente si pensava, a torto, che i disagi sarebbero stati limitati, proprio come dichiarato dall’Eurocontrol, l’organismo europeo per la sicurezza aerea, che prevedeva un periodo critico della durata di massimo 48 ore. Ma così non è stato, ed uno dopo l’altro, da Amsterdam a Francoforte, passando per Parigi, Bruxelles, Barcellona, Milano, fino ad arrivare alla Polonia ed all’est Europa, ben 313 aeroporti hanno dovuto cancellare praticamente tutto il traffico aereo continentale. Tra l’altro, i problemi si sono estesi fino alla costa orientale degli Stati Uniti, dove sono stati cancellati tutti i voli diretti verso il nostro continente. C’è da dire che non è tanto la visibilità ad aver condizionato il blocco aereo, quanto le sostanze contenute nella nube, ritenute dannose per i reattori dei velivoli, nessun particolare allarme, invece, è stato dato per la salute umana.
Inutile dire che enormi difficoltà abbia provocato tutto ciò anche, se non soprattutto, ai passeggeri. I più temerari hanno organizzato camping di fortuna all’interno degli scali aeroportuali, altri hanno usufruito della linea ferroviaria potenziata per l’occasione i cui biglietti sono stati forniti dalle compagnie aeree stesse oppure hanno preso d’assalto gli autonoleggi che hanno registrato un vero e proprio boom di incassi, altri ancora si sono organizzati via internet per scambi di “passaggi” in automobile. Le soluzioni più onerose, tuttavia, hanno riguardato i taxi: c’è chi si è fatto portare da Milano a Lione per 650 euro, chi da Roma a Parigi ha pagato 2.000 euro così come alcuni viaggiatori partiti da Bruxelles alla volta di Vienna. Il caso più eclatante riguarda, però, un gruppo di dieci milanesi che, per farsi riportare a casa da Tromso, in Norvegia, ha pagato ai tre tassisti che si sono scambiati ala guida un conto di ben 14 mila euro!
Ci son voluti più di cinque giorni per far disperdere la nube dai cieli europei e far tornare alla normalità il traffico aereo, dopodiché è iniziata inesorabile la conta dei danni che, secondo le stime della IATA, l’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo, ammonterebbe ad oltre 1,7 miliardi di dollari di introiti in meno. Pesanti conseguenze della vicenda le hanno accusate anche gli albergatori che, ora dopo ora, hanno dovuto registrare le sempre più numerose disdette dei clienti ancora bloccati con le valigie in mano. Eppure, c’è chi ha detto che le misure prese in questi giorni siano state esagerate rispetto alla reale portata della nube.
A dirlo è stato un ente autorevole come l’Istituto di fisica applicata del Cnr di Sesto Fiorentino che, tramite la voce dei suoi ricercatori, ha fatto sapere di aver studiato il fenomeno sin dal primo momento che ha toccato l’Italia tramite un radar ottico. Il fascio laser del radar veniva proiettato sulla nube, per poter poi analizzarne i riflessi sulle particelle in sospensione nell’atmosfera. Conclusione: la nube aveva una bassissima concentrazione di particelle vulcaniche rispetto, ad esempio, alle frequenti nubi di sabbia sahariana che non hanno mai impensierito i voli aerei.
Allora perché tutto questo allarmismo? Beh, la risposta non è delle più semplici, ma probabilmente si è trattato di una sorta di reazione a catena, dove i Paesi concretamente interessati al problema hanno fatto da scintilla, coinvolgendo pian piano il resto d’Europa ed anche i Paesi dove la nube è sì giunta, ma ormai diradata ed innocua. Che le precauzioni prese in questi giorni siano state eccessive o no, probabilmente non lo sapremo mai, ma ciòche è bene dire è che, in questi casi, la sicurezza non è mai troppa.
di Mario Sabljakovic