OBESI SI NASCE, CICCIONI SI DIVENTA

imagesSe la dieta, la palestra, i buoni propositi non riescono ad eliminare gli accumuli di adipe sul nostro corpo, facciamocene una ragione: è tutta colpa della genetica.

Uno studio recente identifica i geni responsabili dell’accumulo di grasso in alcune zone del corpo, nella fattispecie, 13 geni che avrebbero un ruolo determinante nella distribuzione del grasso corporeo e dunque, nella forma del fisico.

400 ricercatori provenienti da 280 istituti di tutto il mondo, hanno analizzato e catalogato il Dna di oltre 77.000 volontari, comprendendo i meccanismi biologici dell’accumulo di adipe nelle varie zone del corpo. La ricerca ha evidenziato che l’influenza di questi geni si manifesta in particolar modo sulle donne.

Ruth Loos, membro della ricerca medica a Cambridge afferma che, se pur vero che la genetica gioca un ruolo chiave nello sviluppo dell’obesità, è altrettanto vero che gran parte dei problemi di peso può essere combattuta con una equilibrata dieta ed un sano stile di vita.

normal_bimbo-dolceIl problema degli accumuli di grasso non è solo di natura estetica, al contrario, molte patologie sono influenzate dalla dislocazione dell’adipe.

Infatti, il grasso localizzato attorno alla vita, che conferisce la cosiddetta forma “a mela”, favorisce l’insorgenza di diabete di tipo 2 e problemi cardiaci. Chi, invece, ha il fisico detto “a pera” con gli accumuli di grasso sui glutei e sulle cosce, sembra essere protetto da queste malattie.

Un secondo studio, concentrato sull’indice di massa corporea, è stato condotto su 250.000 persone. Tale indice rappresenta un indicatore del nostro stato di salute.

Gli scienziati hanno identificato ben 18 variazioni genetiche che possono influire su questo valore: alcune influiscono sulle zone del cervello legate al meccanismo dell’appetito, altre controllano il metabolismo e la produzione di insulina.

Confidiamo che questi studi possano simboleggiare l’inizio di una nuova era nella biologia dell’obesità e della forma del corpo, che possa permettere lo sviluppo di terapie mirate al combattimento di tale malattia.

A cura di Valeria Sorrentino