Partiti, un salto di responsabilità per non turarsi il naso
Indro Montanelli per primo coniò la frase del “turarsi il naso” riferita alla politica. Allora si era nella Prima Repubblica ed il giornalista indicava ai lettori, appunto, il gesto di tapparsi il naso per votare Democrazia Cristiana. Era per lui il male minore nella contingenza politica dell’epoca.
L’espressione è ritornata di moda con il governo Monti e sono stavolta i rappresentanti dei partiti della maggioranza che la utilizzano. Insomma, obtorto collo, chiudendo anche gli occhi e le orecchie, i provvedimenti dei professori vanno votati. E chi ha il coraggio di assumersi la responsabilità di far saltare il tavolo? Il populismo interessato di Bossi che ha dimenticato di essere stato al governo per diversi anni e di avere qualche responsabilità per l’attuale situazione? Certo, nel dibattito parlamentare non sono mancate le critiche, i distinguo, le prese di posizione forti. L’obiettivo, al di là della contingenza attuale della crisi dell’euro, resta quello elettorale e per i partiti dimenticare le platee sociali e le corporazioni da cui attingono consenso può essere pericolosissimo. Questo, comunque, è il loro radicato convincimento. C’è allora una commedia che viene recitata, con relativo gioco dei ruoli, dove da una parte Monti è il nemico, ma gli si vota la fiducia proprio perché non ci sono altre soluzioni. Una ci sarebbe. E cioè che l’attuale maggioranza – Pdl, Pd, Terzo polo – decidesse di mettere da parte i professori e provasse essa ad imbastire un Esecutivo di salute pubblica, di unità nazionale, di responsabilità o come lo si vuol chiamare. Utilizzando anche i professori, o alcuni di loro, in una logica però d’appartenenza alla politica, non di separati in casa. Insomma, un progetto comune e condiviso per uscire dalla crisi, anche e forse soprattutto della politica, e per fare le riforme che servono all’Italia. Un Governo con un programma a termine che mettesse da parte per un attimo gli interessi sia pur legittimi dei partiti e pensasse a rifondare il Paese. Penso alla giustizia – con tutti i problemi che si tira dietro in particolare per le carceri – che per la sua impostazione e per i suoi ritardi premia i forti e punisce con implacabile severità i più deboli. Penso alla macchina statale inceppata ed obsoleta, fonte di sprechi inauditi; penso al fisco iniquo ed a senso unico; penso alle corporazioni ancorate a privilegi medioevali. Penso al Mezzogiorno che si vuol contrapporre al Nord in un’ottica di assurda ed antistorica, soprattutto ridicola, secessione. Penso soprattutto all’Europa. Ne parliamo a volte a sproposito, quando ci conviene. Sarebbe il caso di uniformarsi nei limiti del possibile agli standard europei per molte materie, a partire dalle liberalizzazioni. Avremmo una traccia utile da seguire che ci aiuterebbe molto nelle nostre scelte.
Il Governo Monti per i leghisti non può considerarsi legittimo. Dopo i salti mortali di Berlusconi che, per poter mantenere la maggioranza dopo l’uscita di Gianfranco Fini, fu costretto a ”pescare” parlamentari anche in schieramenti agli antipodi dal suo, è un po’ imprudente parlare di ”blocco della democrazia”. Ha fatto bene Giorgio Napolitano pedagogicamente e pazientemente a ribadire sia la legittimità di questo Governo, sia la sua indispensabilità, aggiungo io, in mancanza di un ”patto per l’Italia” siglato esplicitamente dalle forze politiche responsabili.
Il Governo Monti diventa il capro espiatorio nel bene e nel male. Le cose scomode, che pur vanno fatte, sono frutto del suo parto spontaneo e, comunque, non possono non passare. Quelle che invece accontentano pezzi di elettorato sono input illuminanti che vengono dai partiti. A buon titolo la marcia indietro sui farmacisti, sui tassisti ed altre cose ancora, sarà stata messa nel medagliere a futuro compenso di qualche forza politica. Questo stato di cose non è educativo per il Paese, per l’elettorato. Ma siamo proprio sicuri che certi bizantinismi siamo vincenti per la politica? Non è che poi alla fin fine la disaffezione, l’antipolitica, trionferà? Il momento per un grande salto di qualità della politica io lo vedo. Peccato che i partiti, tranne un caso, preferiscono ad un ”salto di qualità nell’unità” la vecchia solfa paralizzante.
Elia Fiorillo