SCUOLA, GIORNALISMO E POLITICA
E’ un classico. Vai a forza ad un’iniziativa a cui sei stato invitato, eppoi t’accorgi che la fortuna ti ha favorito. Quella cosa che non t’interessava ed a cui avevi partecipato solo per non fare “brutta figura” con gli organizzatori, si è rivelata importante per te, a conferma dei tuoi convincimenti a volta teorici.
Mattinata di un Sabato. L’appuntamento è a Nocera Inferiore alla scuola media “Solimena-De Lorenzo”. Si festeggiano i due premi vinti rispettivamente nei concorsi nazionali “Fare il giornale nelle scuole”, indetto dall’Ordine nazionale dei giornalisti, e “Giornalista per un giorno”, organizzato dall’associazione di giornalismo scolastico “Alboscuole”. L’aria è di festa ed i premi che vengono consegnati sono tanti. Ma come non sentirsi coinvolti in tanto entusiasmo? E come non riflettere, partendo dalla limpidezza degli sguardi dei ragazzi e dall’impegno dei loro docenti, sulla scuola italiana, sulla politica, sul giornalismo? Le emozioni portano alla retorica, ma anche a vedere il presente con occhi d’attenzione mirata, mettendo da parte le superficialità che la routine quotidiana si trascina dietro.
Tra gli interventi celebrativi c’è quello di Barbara, giornalista precaria, segretaria dell’Assostampa Campania “Valle del Sarno.” Si sofferma nel suo intervento di saluto sull’importanza dell’etica nel giornalismo. Insomma, parla di ideali, d’impegno che deve andare al di là degli interessi di bottega; di servizio verso il lettore. Un giornalista “cane da guardia” verso il potere: tutti i tipi di potere. Mi viene in mente mio nonno, accanito lettore del quotidiano locale, che spesso nelle discussioni ripeteva che quella tal notizia era assolutamente vera perché l’aveva “letta sul giornale”. Solo uno sprovveduto totale oggi ripeterebbe una battuta del genere. Altri tempi. La politica ha talmente tracimato dal suo vero corso che s’é infilata un po’ dappertutto. Perché il potere è importante e la sua conquista passa per l’informazione, non quella che ipotizza la giovane giornalista Barbara, ma quella di parte che ottusamente e volutamente non vuol vedere, né sentire le cose che possono dar fastidio al potente del momento. Basta guardare la Rai, il così detto servizio pubblico, che nell’informazione di pubblico ormai ha solo il canone. C’è poi un modo di attirare il lettore o il telespettatore ipotizzato da Alex Springer, pioniere del giornalismo popolare tedesco, che si fonda sulle tre esse: sangue, soldi, sesso. Tutto finalizzato a fare audience ed arricchire editori spuri, il cui unico obiettivo è far soldi. E questo anche utilizzando finanziamenti pubblici e precariato a gogò. Sulla Rai ci vorrebbe una vera riforma che la sganciasse dalla politica e anche dai privati politicizzati. Non una metamorfosi spesso ipotizzata che, nemmeno troppo camuffata, sembra voler modificare tutto per non cambiare niente. Certo, il contro-potere c’è o ci dovrebbe essere. E’ rappresentato dagli organismi di rappresentanza dei giornalisti, di frequente in conflitto tra loro e non immuni da condizionamenti politici e personalismi più o meno palesi. Per non parlare di Internet che spara senza alcuna mediazione giornalistica notizie che andrebbero verificate e mediate da un professionista dell’informazione. C’è poco da fare, se solo si vuol provare a cambiare c’è bisogno di alleanze ampie e credibili che abbiano come fulcro le rappresentanze dei giornalisti, ma anche il mondo del lavoro e della cultura.
Faccio queste riflessione mentre passano dinnanzi a me i “giornalisti per un giorno” con i loro docenti. “Il giornale scolastico è una piccola <pila atomica> di possibili stimolazioni culturali in un corpo un po’ fragile un po’ invecchiato che è la scuola italiana” scrive Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma. La “pila atomica” ha funzionato ancora. C’è bisogno di ben altro però per cambiare gli andazzi che ho provato a descrivere. Sicuramente una volontà unitaria “senza se e senza ma” di chi nel mondo dell’informazione ha un’idea di giornalismo non disgiunta dall’etica.
di Elia Fiorillo