Svelato a Villa Maria il segreto della Medicina dello stile di vita
«La maggior parte di noi sa che, normalmente, l’aspettativa di vita da una generazione all’altra aumenta. Per la prima volta nella storia dell’umanità, oggi stiamo notando che nei paesi affetti dalle patologie collegate allo stile di vita, quellaparte di popolazione attualmente composta da bambini avrà un’aspettativa più breve rispetto a quella dei genitori. Ciò non è esclusivamente legato a un fattore genetico, anzi! Si potrebbe dire che in massima parte dipenda dall’influenza dello stile di vita che si conduce». Queste le parole del dottor Michael Sagner – Presidente della Società europea della medicina dello stile di vita – in occasione dell’incontro di mercoledì 29 gennaio, a Villa Margherita. Organizzato dalle Associazioni Partenope Dacia e IWF Europa onlus in collaborazione con Confagricoltura, il dibattito ha costituito il punto di partenza per il più ampio “progetto Salute e Benessere”, orientato alla diffusione della cultura della prevenzione, sulla base della conoscenza dei rischi nascosti nel quotidiano e della tutela del diritto alla salute.
Arrivando direttamente da Amburgo, dove dirige il primo reparto europeo di medicina dello stile di vita a livello universitario, il dottor Sagner ha incantato la platea, aprendone gli orizzonti con il racconto della propria esperienza, in relazione alla pratica di individuazione e prevenzione delle malattie della società moderna.
«Sono qui per parlare delle patologie del “mondo moderno” – ha esordito il Presidente della ESLM –. Negli ultimi 20-30 anni non immaginavamo sarebbero sopravvenuti cambiamenti importanti successivi alla crisi – a livello economico, energetico, ambientale e della salute –; le difficoltà del quotidiano, a questa legate, sono una condizione talmente all’ordine del giorno che oramai non ci facciamo più caso. Tutti noi siamo a conoscenza dell’esistenza di fattori di rischio, nella vita di ognuno, quali lo stress, la cattiva alimentazione, la mancanza di attività fisica; ma non c’è molta chiarezza sugli effetti di questa condizione Non è un qualcosa relegato all’Europa, ma un fenomeno che investe anche paesi come la Cina, l’Asia e l’Africa».
Ai “non addetti ai lavori”, effettivamente, il concetto di “Medicina dello Stile di Vita” non solo potrebbe essere “poco chiaro”, ma potrebbe perfino giungere del tutto nuovo. Poche e chiare delucidazioni, con il supporto di alcune slide sono bastate a rendere il tutto quantomeno comprensibile: si tratta di una branca medica, non riconosciuta ancora a livello statale, basata sull’individuazione della cura o del trattamento delle malattie gravi, attraverso la focalizzazione sullo stile di vita del paziente quale risultante dei quattro principi cardine di stress, alimentazione, attività fisica e rapporto con l’ambiente.
I risultati delle ricerche condotte sul campo dal dottor Sagner sembra parlino chiaro: «Qualche anno fa si sapeva che i geni fossero stabili, immodificabili, oggi abbiamo scoperto che invece possono essere trasformati; in questo lo stile di vita ha importanza preponderante. È stato inoltre testato che l’informazione genetica può variare, modificando lo stile di vita, in poco più di tre mesi» ha spiegato. Proseguendo con dati alla mano ha poi aggiunto «un corretto stile di vita può agire nella prevenzione delle seguenti malattie in questo modo: nel caso dell’infarto evitandone 9 su 10, dell’ictus 7 su 10, del diabete il 93% dei casi, e nel caso del cancro il 30%».
Immediata è stata la precisazione fornita dall’intervento della dottoressa Stefania Ubaldi – moderatrice dell’incontro e parte del Comitato direttivo del’ESLM –: «La medicina dello stile di vita non mira a escludere i farmaci; non intende sostituire le terapie necessarie, ma s’impegna a ridurre una posologia, cercando di ovviare all’attività del farmaco con un miglioramento dello stile di vita».
Fatta questa premessa, non poteva mancare il coinvolgimento di due esimi conoscitori della nutrizione e dell’ambiente: il dottor Maurizio Montella – Direttore dell’S.S.D. Pascale di Napoli, e il dottor Francesco Fiore – Direttore della sezione napoletana di Confagricoltura –.
Particolarmente scioccante è emersa, nel contributo del dottor Montella, la correlazione tra alimentazione e incidenza di patologie croniche.
Gli studi citati da questi infatti hanno messo in luce la capacità di taluni composti chimici, assunti con l’alimentazione e assorbiti dall’organismo, d’influire positivamente o negativamente sull’organismo umano. Approfondendo l’argomento ha dunque affermato che oligoelementi e vitamine, ad esempio, possono proteggere il metabolismo a livello cellulare, diminuendo le possibilità di contrarre un cancro, o bloccandone uno in fase di proliferazione. Contrariamente, sostanze quali i grassi di natura animale, l’abuso di alcool e di prodotti conservati sotto sale sono strettamente correlate all’insorgere di tumori.
La qualità dei cibi però non sarebbe l’unico fattore in grado d’influenzare lo stato di salute dell’organismo: anche la quantità avrebbe un ruolo fondamentale. «È drammatico notare – ha puntualizzato l’esperto – come, in pochi anni, si sia passati da un’alimentazione povera, caratteristica degli anni ‘40-‘50, a quella ricca degli anni ’60-’70, sino a giungere a quella eccessiva, ravvisata a partire dagli anni ’80».
Se nel discorso del dottor Montella è emerso il concetto di corretta alimentazione, le parole a questo succedute, proferite dal dottor Fiore, hanno contribuito a ricordare che un sano nutrimento deriva soprattutto dall’instancabile lavoro degli agricoltori. A difesa di questi ultimi, rispetto alle polemiche relative al fenomeno della Terra dei Fuochi, ha poi aggiunto che: «l’agricoltore crea un legame con il proprio terreno inscindibile, e nonostante si generalizzi, facendo ricadere la colpa di questo “immondezzaio” sui contadini invece che sulla malavita organizzata, questi introduce know how e da occupazione; è inoltre a presidio del territorio, non lo inquina, ma con la sua presenza e attività tutela l’ambiente da frane, dissesti idrogeologici e problematiche legate all’incuria del suolo».
Terminata la conferenza, un tête-à-tête con gli organizzatori: Federico Zinna dell’Associazione Partenope Dacia e Pietro Romano, presidente IWF Europa, ha contribuito a completare il quadro figurato, attraverso le implicazioni socio-economiche del progetto Salute e Benessere.
Dottor Romano quale validità assume il progetto nel nostro paese?
«Il nostro tessuto sociale è composto per il 98% dalla piccola e media impresa, che nel 90% dei casi non supera la dimensione familiare – con meno di 7-8 dipendenti – e spesso il capo azienda è anche il capo famiglia. Se il capofamiglia non fa prevenzione mette a rischio tutta la sua impresa, e conseguentemente la sua famiglia.
Il rapporto dell’Onu pubblicato nel 2013 ha evidenziato una fotografia dell’Italia di grande depressione, e, come se non bastasse nel suo World Happiness, l’Italia è risultata al 45° posto. Quali sono i parametri presi in considerazione nella composizione della statistica?! Ovviamente il benessere, l’aspettativa di vita, la salute, la consapevolezza di avere servizi fatti di persone, che con la loro umanità sono pronte a prendersi cura del cittadino»
È reale il timore che la sanità italiana possa orientarsi verso il modello statunitense, per il quale le cure sono soggette al “soldo”?
«Sicuramente ci stiamo avviando a quel modello, e lo si riscontra già a tutt’oggi: se il cittadino ha bisogno di esami strumentali o visite particolari la “via privata” è senz’altro più rapida e soddisfacente di quanto non avvenga nelle strutture pubbliche. Questa non è abbordabile sempre e da tutti, visti gli elevati costi a gravare sul bilancio familiare; ma con la salute non si scherza… Ecco sorgere il fenomeno, sempre più dilagante, dell’usura “di quartiere”.
Come s’insegna la tanto importante prevenzione, alla base di questo progetto?
«È fondamentale che l’educazione alla salute parta dai bambini delle classi elementari, attraverso una nuova disciplina, che deve intervenire nei campi dell’ambiente, dell’attività fisica, della nutrizione e del benessere mentale».
A riconferma dell’importanza dei principi di corretta alimentazione e buon vivere, la serata si è conclusa con un’originale quanto piacevole esperienza: “La Cena è in scena”.
La formula scaturita dalla passione per la cucina di Monzù Nunù, in abbinamento alla magistrale arte drammatica di Sasà Trapanese ha offerto ai presenti una calda atmosfera conviviale, in cui gustare semplici e genuini piatti della tradizione partenopea, arricchiti dall’accompagnamento vivace e stuzzicante di poesia, musica e cultura gastronomica.
A cura di Annamaria Cerio